Buona politica cercasi

Quando ho cominciato a pensare al primo numero di questi post settimanali, avevo deciso di raccontare solo buone notizie. Stavo per arrendermi, tra folle di irresponsabili lungo i “Navigli” di Milano e le spiagge di Mondello, ministri che minacciano dimissioni, maggioranza di governo che litiga su tutto, Regioni in ordine sparso, cassaintegrati senza cassaintegrazione, quando è arrivata, sabato pomeriggio, la notizia della liberazione di Silvia Romano, la giovane cooperante rapita in Kenya nel novembre del 2018. E sono riuscito a scriverne almeno una.

La prima settimana dalla fine del lockdown è trascorsa senza che, sostanzialmente, sia successo nulla di quanto era auspicabile. Perse le tracce dell’app che avrebbe dovuto accompagnarci nell’era della convivenza. Un pasticcio dietro l’altro sulle forniture di mascherine. Nebbia fitta (che si dovrebbe diradare, speriamo senza sgradevoli sorprese) sull’ex decreto Aprile, nel frattempo diventato Maggio, con la Ragioneria costretta a bocciare norme scritte non calcolandone l’impatto sui conti dello Stato. Tentazioni diffuse, dall’opposizione alla maggioranza, di cancellare le regole in nome dell’emergenza, come se il passato, dai terremoti all’emergenza rifiuti, non avesse insegnato nulla, rilanciando persino la sciagurata idea di un condono edilizio. Appelli che si rincorrono, ultimo quello per “Uscire dalla pandemia con un nuovo Green deal per l’Italia”, promosso da 110 protagonisti della nostra economia. Proposte dettagliate che si accumulano, come quelle avanzate da Legambiente con il documento “Non sprechiamo la #Fase2”: 33 scelte da fare per rilanciare l’Italia in chiave green e ridurre le disuguaglianze.

Mai come negli ultimi due mesi, tutte le persone impegnate a costruire, ciascuna nel proprio ambito, un Paese migliore hanno condiviso analisi, idee, petizioni. Frutto delle preoccupazioni per le drammatiche conseguenze economiche e sociali del coronavirus, dopo il disastro sanitario. E dell’assenza di risposte adeguate. Ne ho rilanciate talmente tante attraverso il “Diario dall’isolamento” che ho perso il conto. Tutte “orfane” di una classe politica capace di ascoltarle e, soprattutto, tradurle in scelte di governo, provvedimenti legislativi, risorse da destinare.

E’ un vuoto che non possiamo più permetterci. Soprattutto se vogliamo prendere, durante la convivenza, che non sarà breve, con il coronavirus, la giusta direzione. Nicola Zingaretti è l’unico leader politico che sembra aver compreso come non sia più l’era dei “fenomeni”, illusione coltivata, nonostante i ripetuti fallimenti, da personaggi politici di varia estrazione, da Salvini a Renzi, passando per Di Maio, che sogna ancora un governo di soli “Cinquestelle”. Di Giuseppe Conte è difficile interpretare la visione politica, ammesso che ne abbia maturata una. Ma Zingaretti deve fare i conti con un partito, il Pd, che fatica a rinunciare alla presunzione dell’autosufficienza. E che, soprattutto, non riesce ad esprimere, quando ha la possibilità di farlo, una cultura di governo davvero coerente con i principi, i valori, gli orizzonti, ma anche le soluzioni che vengono proposte da chi pretende un Paese più giusto, ecologico e solidale. Semplicemente perché s’impegna a praticarlo ogni giorno, tra mille ostacoli, nei territori, nelle comunità e nelle imprese.

Sarebbe un bel segnale di speranza se i promotori e le promotrici degli appelli, delle petizioni, delle proposte che si continuano a susseguire e a cadere quasi sempre nel vuoto, trovassero la voglia di incontrarsi. E riempirlo questo vuoto di politica, con la loro passione, la generosità, le idee, la consapevolezza che nell’era della pandemia Covid-19 personalismi, autoreferenzialità, presunzione non sono soltanto difetti. Ma uno spreco, insopportabile, di opportunità. Quelle che con i nostri appelli chiediamo a qualcun altro di cogliere.

Post scriptum: ieri, dopo due mesi di “distanziamento sociale”, sono stato a pranzo con mio figlio e a cena da mio fratello, insieme alla sua bella famiglia. Una gioia assoluta.

#lagiustaripartenza.

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