Ventunesimo giorno

In fondo è semplice. Per ogni virus ci vuole un vaccino. Come l’antidoto contro il veleno. Quello per difenderci dal coronavirus arriverà, speriamo prima possibile. Ma di vaccini e di antidoti ne abbiamo già tanti, per difenderci dai virus e dai veleni che hanno fatto ammalare la nostra società e la Terra che ci ospita. A cominciare dalla straordinaria generosità che il nostro popolo è in grado di esprimere ogni volta che ce n’è bisogno.

In questa emergenza coronavirus, ogni giorno, in ogni Comune del nostro paese, dai piccoli borghi alle grandi città, ci sono persone che donano il loro tempo per aiutare chi ne ha bisogno. E quelli che non possono farlo fisicamente, usano i social per mettere le proprie passioni, i propri talenti, a servizio degli altri. Senza chiedere nulla in cambio.

Sono 6 milioni gli italiani, donne e uomini, iscritti alle associazioni del Terzo settore. Ma da quando siamo finiti nell’incubo del Covid19 ce ne sono, sicuramente, tanti altri che per la prima volta hanno sentito il richiamo di quella “socialità” speciale, come scriveva Antonio Genovesi, il padre dell’Economia civile, grazie alla quale l’uomo è diverso, con tutti i suoi difetti, dalle altre specie viventi. Anche più dell’intelligenza.

Di esempi, piccoli e straordinari allo stesso tempo, dei miracoli, anche economici, che genera il dono se ne possono citare a decine, come quelli raccontati sul sito iorestoacasa.legambiente.it, con protagonisti tanti circoli legambientini. Persone che, prima del coronavirus, donavano il loro tempo, le loro competenze alla difesa dell’ambiente, locale e globale, e che ora si mettono a disposizione della comunità in cui vivono, per quello che serve. Dedicano le proprie passioni, i propri talenti alla cura degli altri. Rispondono, subito, a un bisogno, donando il loro tempo.

In fondo è quello che faccio anche io, nel mio piccolo, ogni giorno, alle 12, alle 18 e alle 21, quando mi affaccio al balcone di casa e percuoto (perché suonare è un’altra cosa) un piccolo bongo africano, riemerso dagli scaffali di una libreria. Grido “daje”, per farmi e fare coraggio. Canto l’inno nazionale, ascolto la musica scelta insieme a Fabrizio, un altro volontario come me, accendo una piccola luce. Insieme a tutte le persone che sentono lo stesso bisogno: uscire, anche se per pochi minuti, dalle solitudini e dalle angosce quotidiane.

Quello che accade ogni giorno, a Largo Minganti e in diretta facebook, è un altro piccolo “miracolo” frutto di un gesto semplice, ma fatto con passione: il dono di un “talento” (io ho da sempre una certa vocazione a “fare casino” con gli amici…), che si mette a disposizione degli altri, quando ce n’è bisogno, senza chiedere nulla in cambio. Con generosità, appunto. Quella che, per citare una canzone di Vasco Rossi ascoltata facendo la fila prima dell’apertura del mercato di Casal de’ Pazzi, a distanza di sicurezza dagli altri, con i guanti e la mascherina, mi fa sperare in “Un mondo migliore”.

Daje!! #quellocolbongo

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