Ventiduesimo giorno

Non è semplice immaginare il futuro quando il bollettino quotidiano della Protezione civile registra centinaia di morti in più causati dal Covd19; c’è la certezza di dover restare a casa, rigorosamente, almeno per altri 13 giorni, compreso oggi, fino al lunedì di Pasquetta; le risorse promesse per evitare il tracollo economico di milioni di famiglie e centinaia di migliaia di imprese ancora non arrivano…In questi momenti di profonda incertezza e inquietudine, può essere utile, per trovare una bussola, fare ricorso allo slogan che accompagna Legambiente fin dalla sua nascita, quarant’anni fa: pensare globalmente e agire localmente.

Riflettendoci, è esattamente quello che ci avrebbe potuto salvare dall’incubo in cui siamo finiti: pensare, globalmente, alle cause di una nuova pandemia (a cominciare dalla devastazione degli habitat naturali e dal saccheggio delle specie selvatiche, spesso protette) e agire, localmente, sul primo focolaio possibile: i mercati delle metropoli cinesi. Era addirittura già tutto previsto e scritto dalla parte più consapevole (e inascoltata) della comunità scientifica. Persa la prima occasione, cerchiamo almeno di non farci sfuggire la seconda. E proviamo, allora, a immaginare il nostro prossimo futuro facendo ricorso allo stesso approccio. In fondo è quello che già siamo costretti a fare oggi, in maniera persino parossistica. Siamo connessi, come non mai, attraverso i social e dobbiamo prenderci cura, anche per impegnare il tempo, della dimensione più locale possibile della nostra esistenza: la casa dove abitiamo (per chi ha la fortuna di averla) e i nostri affetti familiari.

Aiuterebbe molto, in questa ricerca di un possibile orizzonte, la lettura dell’ultimo libro dei due premi Nobel per l’Economia del 2019, i coniugi Esther Duflo e Abhijit Banerjee: “Economie utile pour des temps difficiles”. Un titolo talmente semplice che non ha neppure bisogno di essere tradotto, credo. Premiati per i loro lavori sulla lotta alla povertà, i due economisti  non usano fronzoli nella prefazione al libro, come scrive Andrea Barolini in una bella recensione pubblicata sul magazine valori.it: “Non ne potevamo più di vedere il dibattito sulle grandi questioni economiche (l’immigrazione, il libero scambio, la crescita, il clima) incanalato su cattive strade. Soprattutto ci siamo resi conto che i problemi delle nazioni ricche assomigliano sempre più a quelli dei paesi in via di sviluppo in cui lavoriamo normalmente. Persone abbandonate, diseguaglianze galoppanti, totale assenza di fiducia nel governo, società e Stati divisi”. Se avessimo avuto ancora qualche dubbio, ci ha pensato il Covid19 a spazzarlo via.

Esther Duflo e Abhijit Banerjee hanno una visione: “Non esistono dei portavoce della professione di economista e nessuno può rappresentarla in tutta la sua complessità. Eppure, a spiccare sui media di tutto il mondo sono soprattutto gli studiosi di stampo liberale” (quelli dell’ideologia “tutto e solo mercato”, per intenderci, che di disastri ne hanno già combinati abbastanza). E un metodo: “La nostra è un’attività strettamente legata alla sperimentazione: adottiamo un approccio scientifico e rigoroso per ottenere risposte pratiche”. I risultati che hanno ottenuto, dal Marocco all’India, solo per citare due dei paesi in cui hanno sperimentato il loro metodo, sono valsi ai due coniugi economisti il premio Nobel. Non pretendiamo altrettanto da chi ci governa e ha il compito di indicarci un “orizzonte”, ma almeno che usi la stessa “bussola”: pensare globalmente e agire localmente. Post scriptum: ho letto questa mattina due fantastici “pesci d’aprile”. Quello di Matteo Salvini, che ha proposto, come primi provvedimenti per uscire dall’emergenza economica causata dal coronavirus, ben due condoni, edilizio e fiscale. E quello, ancora più geniale, di Giorgia Meloni, che ha chiesto lo stop al “green new deal” in Europa.  Non fosse il primo di aprile, verrebbe persino il dubbio che abbiano detto sul serio…

#quellocolbongo.

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