Non c’è mai stata, da quando cinquant’anni fa si è cominciato a celebrarla, una giornata mondiale della Terra come questa, con la natura che riconquista spazi perduti. E non c’è mai stato un crollo così verticale delle emissioni, a cominciare dall’anidride carbonica, che ne minacciano il clima: tra il -5,4% stimato dall’Agenzia internazionale per l’energia e il 10% ricavabile da osservazioni satellitari e riduzioni di Pil. Anche perché da quando i governi del mondo hanno preso l’impegno di ridurle, con l’entrata in vigore nel 2005 del Protocollo di Kyoto, sono sempre aumentate. Merito del coronavirus, verrebbe da dire se il bilancio, in termini di vite umane e nuove povertà non fosse così terribile.
Radicalmente inedite saranno anche le modalità in cui si potrà celebrare questo cinquantesimo anniversario, da quando il 22 aprile del 1970 duemila università e circa diecimila scuole primarie e secondarie degli Stati Uniti scesero in piazza, dopo l’ennesimo disastro petrolifero, per chiedere una radicale riforma delle leggi ambientali. Organizzata dal network internazionale dell’Earth day, si svolgerà una vera e propria “maratona virtuale”, “24 Hours of Action”, accompagnata da un palinsesto digitale di 15 ore su www.earthday.org., interamente dedicata al tema dei cambiamenti climatici e di come contribuire ad evitarne le conseguenze catastrofiche.
Nel nostro Paese, Legambiente ha lanciato il flash mob virtuale #abbracciamola (legambiente.it/abbracciamola) per “tenere alta l’attenzione, anche in questo momento difficile sulla cura del nostro Pianeta”. Earth Day Italia e Movimento dei Focolari, daranno vita, invece, su Rai Play alla staffetta digitale #OnePeopleOnePlanet, con una diretta streaming di 12 ore a cui parteciperanno artisti, scienziati, giornalisti, rappresentanti delle istituzioni. Chi vuole potrà anche interagire con la piattaforma web e i social grazie agli hashtag di questa giornata: #OnePeopleOnePlanet, #CosaHoImparato, #EarthDay2020, #iocitengo, #VillaggioperlaTerra, #focolaremedia.
Insomma, trascorreremo questo 22 aprile in due “mondi paralleli”: quello virtuale a cui è costretta dal Covid 19 la specie umana e quello, momentaneamente reale, che sta vivendo la natura senza dover subire tutta la nostra “impronta ecologica”, perché una pandemia ci ha costretto ad alzare il piede dall’acceleratore dello “sviluppo”.
Sarà una giornata di buoni propositi universalmente condivisi e, per quello che si potrà, di buone azioni. Con lo sguardo rivolto, come facciamo tutti ormai da giorni, alla Ripartenza. Nulla sarà più come prima o torneremo alle nostre peggiori abitudini, quelle che ci stanno consegnando a un futuro in cui l’aumento della temperatura sulla Terra sarà talmente fuori controllo da rendere inospitali per la specie umana, molto più a lungo del coronavirus, aree sempre più vaste del Pianeta?
A scrutare il futuro si è dedicata, nei giorni scorsi, anche una delle più grani banche d’affari del mondo, la Goldman Sachs, che di crisi se ne intende, visto il suo coinvolgimento nella famigerata crisi dei mutui subprime americani che innescò il tracollo finanziario del 2007. Lo ha fatto con un documento di analisi, intitolato “COVID-19 – Shifting the climate change debate”. Qui vale la pena riportare soltanto le conclusioni: “I costi sociali probabilmente rendono irrealizzabili le traiettorie di decarbonizzazione. Soddisfare lo scenario dei 2 gradi (l’ìncremento massimo di temperatura sulla Terra previsto dall’Accordo di Parigi nel 2015, ndr), richiederebbe un calo delle emissioni equivalente alla magnitudo Covid-19 ogni anno per i prossimi tre decenni”. A meno che non ci siano “estremi progressi nello sviluppo di tecnologie a basse emissioni di carbonio” e “a shift in the nature of economic activity”. Il senso della sfida a cui andiamo incontro nella Ripartenza è tutto qui: “a meno che” non facciamo sentire molto più forte di quanto non abbiamo fatto finora la nostra voce perché cambi, davvero, la natura dell’economia.
#quellocolbongo