L’appuntamento con la Conferenza delle Nazioni unite sul clima, la Cop 26 di Glasgow, è stato rinviato, a causa del Covid-19, a “data da destinarsi”, Quello con il quinto sciopero globale per il clima, organizzato in 161 paesi dai giovani di Friday for future, invece, scatta, puntuale, oggi. Con l’Italia, com’è già capitato nei quattro scioperi precedenti, protagonista, grazie alle 115 città coinvolte. Sarà digitale, come impone la pandemia, ma molto più concreto delle vuote promesse che hanno caratterizzato finora gli Accordi siglati, traditi, rinviati dei governi del mondo.
Saranno i giovani, e non solo, a rompere il silenzio che è sceso sull’emergenza dei cambiamenti climatici, dopo la decisione di rinviare la “decisiva” conferenza di Glasgow. Quella che avrebbe dovuto dare sostanza, cinque anni dopo, all’Accordo di Parigi, solennemente siglato da 195 Paesi con l’impegno di ridurre drasticamente le emissioni di anidride carbonica per contenere l’incremento delle temperatura terrestre al di sotto della soglia dei 2° C. L’appuntamento in Italia è sulla piattaforma ritornoalfuturo.org. Chi vuole potrà firmare la lettera aperta all’Italia, promossa insieme a tutte le associazioni ambientaliste, con cui i giovani di Friday for future chiedono di fare della transizione ecologica “il cuore e il cervello” della rinascita, dopo la crisi del coronavirus. Partecipare al digital strike (#Digital Strike #RitornoAlFuturo). Geolocalizzarsi, con un link, davanti a Palazzo Chigi. Seguire le dirette con artisti e scienziati. Scoprire gli eventi social organizzati in ogni città. Chi volesse uscire dai confini nazionali ha solo l’imbarazzo della scelta: può collegarsi al sito www.fridayforfure.org, a quello di globalclimatestrike.net, oppure a 350.org e scoprire la bellezza di un mondo che pensa, reagisce, si organizza, studia, elabora proposte concrete, sceglie da che parte stare, anche con il proprio stile di vita.
Basta scorrere il curriculum di quelli più impegnati a organizzare, ovunque, gli eventi di questo quinto “Global strike” per cogliere la differenza, abissale, che li separa dai profili culturali di chi, con le dovute eccezioni, frequenta le stanze del potere politico, in Italia, in Europa e nel mondo. Non è un caso, del resto, che siano loro ad avvertire l’urgenza di non rinviare le scelte che vanno fatte subito almeno per mitigare, gli impatti della crisi climatica, già in corso prima del coronavirus. Sono sempre loro a lanciare appelli (350.org/just-recovery) in cui chiedono, ai governi del mondo, di adottare una strategia chiara e netta di #JustRecovery con cui affrontare la pandemia Covid-19: mettere la salute al primo posto; aiutare direttamente le persone, soprattutto quelle più emarginate; sostenere le comunità e i lavoratori, mai le società che non si impegnano ad affrontare la crisi climatica; creare resilienza per le crisi future, verso il futuro a zero emissioni di cui abbiamo bisogno; costruire solidarietà oltre i confini e non usare la crisi come scusa per calpestare i diritti umani, le libertà civile e la democrazia.
Sono radicali, è vero. Ma di quella sana, giusta, necessaria radicalità richiesta dai tempi che viviamo. Per non restare indifferenti davanti alle previsioni dell’Organizzazione mondiale della sanità, con 3 milioni di morti possibili in Africa a causa del coronavirus, anche perché ci sono intere popolazioni senz’acqua. O cancellare, come se non fossero mai esistite, quelle della Banca mondiale sui 100 milioni di nuovi poveri, entro il 2030, causati dai cambiamenti climatici, a cui potrebbero aggiungersi i 500 milioni previsti da Oxfam come conseguenza del coronavirus. E’ per queste ragioni che oggi dobbiamo essere in molti ad aderire al quinto Global Strike, in tutti i modi possibili. Anche per far sentire forte la nostra voce, nel silenzio in cui i governi del mondo hanno confinato la lotta ai cambiamenti climatici.
#quellocolbongo