Filosofo e scrittore, francese (1694-1778).
Pseudonimo di François-Marie Arouet.
Educato dai gesuiti, rifiutò presto la religione e la cultura cattoliche in favore di un deismo perfettamente coerente con quella sensibilità illuminista (® Illuminismo) di cui è stata una delle grandi figure intellettuali.
In V., influenzato dallo studio del pensiero libertino e dell’empirismo inglese, si coglie bene il senso più autentico e profondo del movimento illuminista: quello spirito critico capace, in nome del –>Progresso intellettuale e materiale, di mettere in questione ogni tradizione e ogni pregiudizio, compresa la tradizione razionalista e meccanicista (–>Meccanicismo) cartesiana, dominante nella prima metà del Settecento in Francia. Tra i pregiudizi più radicati e ingiustificati, V. è tra i primi a porre anche l’®Antropocentrismo, come orizzonte di pensiero, comune tanto alla metafisica classica che alla tradizione cristiana (–>Cristianesimo) medievale, in cui la natura è spesso pensata come semplice mezzo per la realizzazione dell’uomo e di cui l’immagine dell’animale-macchina cartesiano è solo una delle ultime e più crude rappresentazioni. Tale critica viene mossa da V. sotto la spinta di un progressivo scetticismo nei confronti di ogni concezione provvidenzialistica della storia – culminato nel Poema sul disastro di Lisbona del 1756, sarcastica requisitoria sulla Provvidenza incacapce d’impedire il terribile terremoto che l’anno pima aveva devastato la capitale portoghese – e dunque anche nei confronti dell’idea che l’uomo rappresenti un qualche illusorio vertice in una scala naturale; ma soprattutto viene mossa nel nome di un principio centralissimo nella filosofia di V.: il principio di tolleranza, secondo il quale ciò che è diverso da noi – nel caso estremo, l’animale dall’uomo – merita altrettanto rispetto e sforzo di comprensione di ciò che non lo è. Guidato da questa profonda, radicale convinzione, che ne fa un un vero precursore della riflessione animalista (–>Animalismo), V. non esita a calarsi in una prospettiva diversa da quella umana, in grado di riconoscere e rivendicare, con l’ironia di cui egli era maestro e sul filo di una logica stringente e spesso inoppugnabile, diritti e ragioni delle “bestie”, accomunando tutti gli esseri viventi in una condizione cosmica senza alcun centro; dolorosa, ma anche, per questo, degna del massimo rispetto.
BIBLIOGRAFIA
Micromega, 1752
Poema sul disastro di Lisbona, 1756
Trattato sulla tolleranza, 1763
Dizionario filosofico, 1764