Ivan Illich

Filosofo, statunitense di origine austriaca (1926-2002).

Di padre croato e madre ebrea austriaca, I. nel 1941 dovette lasciare con la famiglia l’Austria per sfuggire alle persecuzioni antiebraiche, e si stabilì prima a Firenze e poi a Roma, dove seguì corsi di filosofia e teologia all’Università Gregoriana. Nel 1951 venne ordinato sacerdote, subito dopo si trasferì a New York, viceparroco in un quartiere portoricano del Lower East Side. Dal 1956 prorettore all’Università cattolica di Porto Rico, ben presto entrò in aperta polemica con le gerarchie ecclesiastiche, contestando soprattutto la scelta di Giovanni XXIII, appoggiata dal presidente Kennedy, di inviare centinaia di sacerdoti nordamericani come missionari in America latina, nella quale vedeva una forma di neo-colonialismo. Nel 1966 fondò a Cuernavaca, in Messico, il “Center for intercultural documentation” (Cidoc), che si proponeva di valorizzare le autonome  tradizioni popolari latino-americane, e acquistò rapidamente grande notorietà diventando un punto di riferimento per i settori più progressisti della Chiesa e per gli stessi nascenti movimenti controculturali (–>Controcultura). Nel 1969 si consumò la rottura definitiva con la Chiesa di Roma: il Sant’Uffizio vietò ai sacerdoti di seguire i corsi del Cidoc e I. in una lettera aperta al suo vescovo pubblicata sul “New York Times” dichiarò di rinunciare unilateralmente ad ogni prerogativa ecclesiastica. Malgrado ciò non chiederà mai la riduzione allo stato laico e mai sarà sospeso, ma rimarrà fino alla morte nell’elenco dei sacerdoti della diocesi di New York.

A partire dagli anni Sessanta, I. sviluppa in vari saggi una critica radicale delle grandi istituzioni sociali nel campo dell’educazione, della sanità, dell’economia, sistemi che per lui inibiscono le aspirazioni di auto-realizzazione dell’uomo. Così, pone sul banco degli imputati la scuola, il cui obiettivo è riprodurre i valori delle élite dominanti; l’organizzazione sanitaria, che medicalizzando la vita degli individui li rende sempre meno autonomi; l’ideologia consumista, che crea bisogni artificiali e calpesta ogni soglia di equilibrio tra l’uomo e l’ambiente; l’idolatria del lavoro, in nome della quale vengono invase e svalorizzate le zone della vita personale, realazionale e comunitaria che tradizionalmente rimanevano come ambiti privati dell’esistenza.  

Per I., la cui visione libertaria e antitecnologica si ricollega tanto alle elaborazioni dei teorici della controcultura – e in particolare il pensiero di –>Goodman – quanto alla critica della –>Tecnica condotta da autori come –>Charbonneau, –>Ellul e –>Gorz, sia la sinistra che la destra sono immerse nei vizi della società industriale, in un’idea di sviluppo che sacrifica sistematicamente gli spazi di ricerca e autonomia personale ai dettami imposti dalla tecnocrazia: “La dittatura del proletariato e la civiltà dei piaceri – egli scrive nel saggio del 1971 Liberare il futuro – sono due varianti politiche della stessa dominazione”.  

Due concetti-chiave fanno da collante tra queste varie riflessioni: la controproduttività, limite (–>Limite/limiti) oltre il quale la crescita economica e lo sviluppo tecnologico producono degradazione ecologica, soffocamento della creatività personale, concentrazione del potere nelle mani di pochi specialisti, predominio dell’istituzione sui singoli; e sul versante opposto, la convivialità, condizione nella quale gli individui possono utilizzare, in forma appunto conviviale, gli strumenti con cui produrre, e ognuno sulla base dei propri bisogni reali determina autonomamente il valore d’uso di beni e servizi. Seguendo un approccio archeologico ispirato al pensiero di Foucault, I. rintraccia nell’antichità medievale forme concrete di società conviviale, mentre indica i sistemi energetici e dei trasporti come i campi principali dove agisce con forza una controproduttività anche ecologica.

Quello di I. è un pensiero di totale rovesciamento di alcune della categorie fondative della modernità comuni tanto alla tradizione liberale quanto al –>Marxismo (anche –>Marx) – l’idea di –>Progresso, la nozione di benessere come condizione e processo interamente dipendenti da indicatori economici -, che ha fortemente segnato la riflessione dell’–>Ecologia politica e ha mantenuto intatta negli anni la propria capacità di attrazione per tutti i movimenti culturali e sociali che hanno espresso critiche radicali dei poteri istituzionali ed economici e coltivato aspirazioni di liberazione umana, dalla “teologia della liberazione”, all’–>Anti-utilitarismo, fino al movimento –>No-global cui egli stesso ha guardato con speranza e che lo ha eletto a proprio “guru”.  

BIBLIOGRAFIA

Liberare il futuro, 1971

La convivialità, 1973

Per una storia dei bisogni, 1978

The rivers north of the future: the testament of Ivan Illich as told to David Cayley, 2005 (postumo)

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