Biologo, inglese (1941).
Professore in diverse università degli Stati Uniti e del Regno Unito, brillante divulgatore, D. propone una lettura delle teorie darwiniane (–>Darwin) in un senso fortemente riduzionista (–>Riduzionismo), determinista (–>Determinismo) e adattazionista: per lui, l’evoluzione è regolata, più che dall’ambiente esterno a specie ed individui, da meccanismi interni all’organismo, e prima di tutto dall’istinto presente in ogni essere vivente a massimizzare la possibilità di avere discendenti. Nel suo libro Il gene egoista del 1979, egli introduce il concetto di “selezione per parentela”: non è soltanto l’istinto riproduttivo a motivare l’agire individuale, ma la propensione ad ampliare il numero di individui geneticamente somiglianti a sé, e dunque l’egoismo non si colloca al livello di specie né di individuo, ma di gene.
In opere successive, D. ha anche affrontato la questione, da sempre controversa nell’evoluzionismo, dell’evoluzione culturale e tecnologica dell’uomo. Tra i suoi contributi più originali, l’idea che anche la cultura umana sia riconducibile ai processi genetici e ne costituisca uno degli aspetti fenotipici: in questa prospettiva, D. elabora il concetto di “meme”, unità elementare delle informazioni trasmesse culturalmente. Come i geni determinano l’ereditarietà biologica, così i memi determinano quella culturale, entrambi elementi autoreplicantisi ed entrambi soggetti all’azione della selezione naturale. Perciò, l’evoluzione dell’uomo si può spiegare come un processo di coevoluzione tra geni e memi.
Nel dibattito scientifico sull’evoluzionismo, D. è stato tra i critici più severi della teoria degli “equilibri punteggiati” (–>Gould; –>Eldredge), accusata di svuotare il concetto di selezione naturale; a sua volta il pensiero di D. è stato spesso tacciato di determinismo genetico, e di un’impronta fondamentalmente meccanicista (–>Meccanicismo). Controverso e dibattuto è anche il rapporto di D. con il pensiero ecologico: da una parte, egli è certamente tra i teorici più irriducibili di una totale “naturalizzazione” dello sguardo della scienza sull’uomo, e dunque dell’infondatezza di ogni posizione antropocentrica (–>Antropocentrismo); dall’altra, la sua interpretazione così fortemente individualista dell’evoluzione lo rende del tutto estraneo a quell’idea della natura come un “tutto” interdipendente che è il principale fondamento dell’ecologia sia come disciplina scientifica che come visione culturale.
BIBLIOGRAFIA
Il gene egoista, 1979
Il fiume della vita, 1995
Alla conquista del monte improbabile: l’incredibile avventura dell’evoluzione, 1996
L’ arcobaleno della vita: il mistero dell’universo svelato dalla scienza, 1998