Biologo, sociologo e urbanista, scozzese (1854-1932).
Figura d’intellettuale di straordinario eclettismo, allievo di Thomas –>Huxley e maestro di Lewis –>Mumford, fortemente influenzato dal positivismo e dall’evoluzionismo – interpretato però in una chiave “cooperativa” -, G. spaziò con i suoi studi dalla botanica all’istruzione, dall’economia all’architettura. Al centro dell’approccio di G., l’ambizione di collegare tra loro scienze naturali e scienze sociali, secondo una prospettiva squisitamente organicista (–>Organicismo) che lo pone in irriducibile controtendenza rispetto alle tendenze specialistiche prevalenti nella cultura del suo tempo. Il richiamo costante alla dimensione etica che deve ispirare ogni impresa intellettuale, è l’altro filo conduttore dei molteplici interessi di G., ed è alla base della sua grande attenzione per i temi dell’educazione e della formazione degli adulti nonché della sua esplicita adesione ai princìpi del socialismo idealista. Infine, G. è costantemente animato dall’idea – cara anche ad altri autori suoi contemporanei come –>Ruskin e –>Morris – che vi sia un rapporto diretto tra le “forme”, l’estetica dell’organizzazione degli spazi, e i “contenuti” dello sviluppo sociale, e ciò spiega il suo spiccato interesse per il discorso urbanistico.
In G., questa analisi interdisciplinare e a forte impronta etica “precipita” in uno sguardo decisamente diffidente verso la civiltà industriale. Così, egli chiama “paleotecnica” l’era inaugurata dalla rivoluzione industriale, in cui regnano lo sfruttamento sfrenato delle risorse naturali, la devastazione del paesaggio, le megalopoli disumanizzanti; e indica l’approdo da costruire nella “neo-tecnica”, una nuova era segnata dalla riconciliazione tra utile e bello, tra città e natura, e poi nella “biotecnica” e nella “geotecnica”, futuro nel quale l’uomo avrà imparato a vivere in armonia con la terra. Tale visione ha più di un punto di contatto con importanti sviluppi successivi del pensiero ecologico: anticipa le teorizzazioni dell’ecologia umana (–>Hawley, –>Park) e della sociologia ambientale (–>Dunlap) sull’ambiente come “ingrediente” attivo, non più solo “scenario”, dell’organizzazione sociale; e richiama per molti aspetti la stessa riflessione proposta dall’–>Ecologia politica, l’una e l’altra fondate su una critica della –>Tecnica decisamente radicale che però non sconfina mai in forme di utopia antitecnologica e antimoderna.
La propensione organicista e olistica (–>Olismo) del pensiero di G. è particolarmente evidente nell’idea geddesiana della città come organismo unitario ed elemento di una più ampia geografia regionale, in cui natura e società formano un tutt’uno intimamente intrecciato. Seguendo un solco di pensiero di grande originalità, e che verrà ripreso e sviluppato da Mumford, egli “condanna” la città industriale che alimenta la separazione dell’uomo dai cicli naturali e produce degrado sociale, ma si mostra tutt’altro che “nemico” della città, di cui anzi sottolinea la funzione positiva di trasmissione della cultura. Per lui ogni città è unica, frutto originale della sua geografia, della sua storia, della sua cultura, e per questo male si adatta all’applicazione di modelli organizzativi astratti, stabiliti a priori; e ancora, l’urbanistica non può preoccuparsi soltanto di soluzioni tecniche, ingegneristiche, ma invece deve proporsi di dare risposta ai concreti bisogni delle persone e delle comunità, bisogni materiali ma anche bisogni spirituali: di qui, tra l’altro, la massima importanza assegnata da G. al verde urbano, e la sua diffidenza verso i progetti di distruzione degli antichi tessuti urbani.
BIBLIOGRAFIA
City development: a study of parks, gardens and culture institutes, 1904
Città in evoluzione, 1915