No-Global

L’insieme dei movimenti che si battono contro gli attuali processi di globalizzazione, sviluppatisi soprattutto in Occidente a partire dalla fine degli anni Novanta. 

Con il termine N. vengono designati gruppi e mobilitazioni di assai diversa ispirazione: dai N. in senso stretto, fautori di un ritorno a modelli socio-economici fortemente localizzati, agli antimondialisti comunitari e spesso dichiaratamente di destra, fino ai cosiddetti “new-global” o altermondialisti, che si battono per una riforma radicale dei meccanismi che attualmente governano i processi di globalizzazione nel senso di una “buona globalizzazione” che affermi i valori della pace e della solidarietà tra i popoli, metta fine agli squilibri e alle iniquità nei rapporti tra Nord e Sud del mondo (àNord/Sud), universalizzi i diritti umani, politici e sociali, e la possibilità di accedere a condizioni accettabili di benessere e ai benefici del àProgresso scientifico e tecnologico, veda uno sforzo prioritario per affrontare alla radice i problemi ambientali. Molteplici ed importanti sono gli intrecci tra i N. e l’àAmbientalismo, sia sul piano dei riferimenti culturali che su quello degli obiettivi concreti: per il posto centrale che nel pensiero e nell’azione dei N. hanno sempre occupato temi, di matrice squisitamente ambientalista, come la difesa dei beni ambientali comuni – l’acqua, la biodiversità -, e perché in particolare nelle sensibilità dei settori più radicali del movimento N. si trovano ispirazioni di diretta ascendenza in riflessioni squisitamente ecologiche come per esempio il àBioregionalismo.

L’esordio dei N. avvenne a Colonia nel  maggio 1999, con la contestazione del vertice G7 in corso nella città. Decine di migliaia di manifestanti sfilarono chiedendo un impegno concreto dei leader mondiali per la pace, la lotta ai mutamenti climatici, la cancellazione del debito dei Paesi poveri. Ma fu a Seattle, nel novembre dello stesso anno in occasione del vertice annuale dell’Organizzazione mondiale del commercio, che il movimento esplose come fenomeno numericamente imponente, culturalmente inedito. Il battesimo di quello che da allora sarà chiamato il “popolo di Seattle” ebbe un carattere aspro e anche violento, con durissimi scontri tra manifestanti e polizia.

Da Seattle in poi non vi è stato vertice del G8, dell’Organizzazione mondiale del commercio, della Banca mondiale o del Consiglio europeo celebratosi senza il contrappunto della presenza, antagonistica e conflittuale, dei N.: da Praga (Banca mondiale) e Nizza (Consiglio europeo) nel 2000 a Göteborg (Consiglio europeo) e  Genova (G8) nel 2001, fino alle riunioni dell’Organizzazione mondiale del commercio a Doha nel 2001 e a Cancun nel 2003. Quasi sempre le manifestazioni N. hanno dato luogo a incidenti più o meno gravi, per la presenza tra i dimostranti – in maggioranza pacifici – dei cosiddetti “black block”, piccoli gruppi d’impronta anarchica protagonisti di atti sistematici di vandalismo, e per le reazioni spesso sproporzionate da parte delle forze dell’ordine. Gli scontri più violenti si verificarono a Genova, dove un giovane poco più che ventenne, Carlo Giuliani, venne colpito a morte dalla polizia.  

Accanto alle contro-manifestazioni nelle città dove si svolgevano i vertici ufficiali della politica mondiale, l’altra principale forma di mobilitazione dei N. sono stati i Forum sociali, il primo dei quali si tenne a Porto Alegre in Brasile nel febbraio 2001: più giornate di seminari, convegni, manifestazioni nei quale militanti provenienti da tutto il mondo s’incontravano per approfondire gli aspetti ritenuti più controversi dell’odierna globalizzazione e decidere le iniziative di lotta del movimento.

Nei primi anni Duemila, soprattutto dopo i radicali cambiamenti del quadro politico internazionale seguìti all’attentato dell’11 settembre 2001 alle “Twin Towers”, le mobilitazioni N. hanno avuto come oggetto prevalente la lotta pacifista contro le guerre in Afghanistan e in Iraq e in generale contro la logica della guerra preventiva al terrorismo e al fondamentalismo islamici. In molti Paesi occidentali, questa azione ha fatto larghissima breccia nell’opinione pubblica: il “popolo di Seattle” è diventato “popolo della pace”, e il consenso spesso maggioritario raccolto dal suo impegno, in particolare, contro la guerra in Iraq, ha contribuito a produrre significativi cambiamenti politici. Parallelamente, le mobilitazioni N. sono andate sedimentando in settori del mondo giovanile comportamenti, sensibilità, stili di vita e di consumo nei quali trova espressione un rifiuto culturale degli attuali modelli di globalizzazione: dal movimento cosiddetto “no-logo”, che promuove il boicottaggio personale e collettivo dei prodotti delle imprese multinazionali, al movimento per l’”open source”, che si baatte per “demercificare” l‘uso di Internet e in generale lo scambio dei prodotti della conoscenza.    

Nelle forme dell’azione, nei suoi contenuti e obiettivi, nelle stesse soggettività che in essi si riconoscono, i N. hanno rappresentato una rilevante novità nel panorama dei movimenti sociali anche recenti. Movimento strutturato a rete, con una spiccata vocazione a comunicare al proprio interno e con l’esterno facendo ampio uso delle nuove tecnologie dell’informazione; e movimento eccezionalmente composito, nel quale si ritrovano gruppi ambientalsti e associazioni cattoliche di base, sindacati e organizzazioni agricole,  i N. – che peraltro oggi attraversano una fase di parziale eclissi – hanno imposto ben al di là dei loro confini una radicale rimessa in questione del cosiddetto pensiero unico, cioè dell’idea neopositivista che l’attuale globalizzazione sia intrinsecamente e automaticamente “bene”, progresso; oggi questa critica è  diventata patrimonio di settori rilevanti dell’opinione pubblica, e così pure si è largamente affermata la convinzione, anch’essa un’idea forza dei N., che l’omologazione di tutte le culture e di tutte le società ad un unico modello socio-economico, simboleggiato dal potere sempre più illimitato dei grandi imperi economici multinazionali, è un disvalore sul piano culturale, sociale e persino economico. A questo cammino l’ambientalismo ha attivamente partecipato, pur non essendone stato il primo protagonista, e soprattutto la sensibilità N. ha tra i suoi punti cardine concetti e valori – l’idea che il benessere, lo sviluppo, il progresso siano dimensioni non soltanto economiche; il pincipio che i beni comuni vadano sottratti al controllo del mercato – affermati per primo dal pensiero ecologico. D’altra parte, la contaminazione tra N. e ambientalismo è stata reciproca, rafforzando nello stesso movimento ambientalista l’attenzione verso problematiche sociali come quella della lotta alla povertà e ai meccanismi che la alimentano; al tempo stesso, il movimento ambientalista, per sua natura ed origine legato a un pensiero “globale” e animato da una sensibilità “cosmopolita”, si è sempre mantenuto estraneo all’idea del ritorno a un mondo di “popoli”, territori, culture separati pure presente in settori dei N.     

Ti consigliamo anche