Ilya Prigogine

Chimico, belga di origine russa (1917-2003).

Dal 1959 direttore dell'”International institute Solvay” di Bruxelles, Premio Nobel per la chimica nel 1977  insieme a Grégoire Nicolis, P. è stato tra i massimi teorici di una spiegazione dei fenomeni e dei processi biologici in termini termodinamici, e uno dei grandi costruttori della scienza della –>Complessità. A lui si deve il concetto di “strutture dissipative”, sistemi che operano in una condizione lontana dall’equilibrio termodinamico in un ambiente che scambia energia e materia, e la cui evoluzione verso livelli di maggiore complessità e diversità avviene a scapito di un aumento dei livelli generali di caos, cioè di –>Entropia. Coerentemente con tale prospettiva, anche la vita va letta come un sistema dissipativo: il suo ordine interno è “pagato” infatti con il crescente disordine dell’universo.                                                                                                                                                                           Centrale nel pensiero di P. è la nozione di “freccia del tempo”, l’idea cioè dell’irreversibilità dei processi termodinamici: questa visione, che nelle intenzioni di P. realizza l’incontro della fisica con quella stessa dimensione evolutiva, “storica”, che caratterizza la biologia e le scienze umane, segna una rottura radicale con il rigido –>Determinismo che da Newton a –>Laplace  postulava che negli effetti dei processi fisici e biologici fossero  sempre rintracciabili le cause, e che conoscendo le cause fosse sempre possibile prevedere gli effetti: “Soltanto leggi eterne – scrivono P. e Isabelle Stengers nel loro saggio del 1979 La nuova alleanza – sembravano esprimere la razionalità della scienza. La temporalità era disprezzata al pari di una illusione. Ciò non è più vero oggi. Abbiamo scoperto che, lungi dall’essere una illusione, l’irreversibilità gioca un ruolo essenziale nella natura ed è all’origine di molti processi di organizzazione spontanea. Sappiamo oggi che tali processi stanno probabilmente alla base dell’auto-organizzazione biologica. Oggi ci scopriamo in un mondo rischioso, un mondo in cui la reversibilità ed il determinismo si applicano soltanto a semplici, limitati casi, mentre l’irreversibilità e l’indeterminazione sono la regola”. Ma il caos descritto da P. non è casuale, né le sue dinamiche sono “inconoscibili”: il funzionamento dei sistemi instabili si può spiegare  in termini probabilistici, sulla base di leggi generali di tipo statistico. Messa del tutto da parte la concezione meccanicista (–>Meccanicismo) e riduzionista (–>Riduzionismo) di una natura organizzata deterministicamente secondo legami di causa-effetto, P. propone una visione alternativa di tipo sistemico (approccio –>Sistemico), al cui centro è la nozione di instabilità. Per lui, anche la comparsa della vita sulla Terra, e l’evoluzione biologica, sono il risultato di una successione di instabilità, e proprio la condizione d’instabilità che caratterizza la vita in quanto sistema complesso e lontano dall’equilibrio, rende possibile l’evoluzione del mondo vivente verso forme sempre più ordinate e sempre più complesse, sebbene tale processo continuo di auto-organizzazione avvenga a scapito di un disordine cosmico crescente.                                                                                                                 

Questa idea dell’instabilità, dell’incertezza, come denominatori comuni che segnano tutti gli aspetti dell’universo, dalla realtà cosmica alla vita interiore di ogni essere umano, diventa nella visione di P. anche la base concettuale indispensabile per fronteggiare efficacemente la crisi ecologica, a partire da una “nuova alleanza” con la natura che veda l’uomo, nel proprio stesso interesse, assumere piena e umile consapevolezza dei legami così complessi e così delicati tra sé e il mondo naturale: “L’avvenire – egli affermava in un’intervista del 1990 – dipenderà dall’immagine mentale che noi abbiamo della scienza. Quest’immagine deve ispirarsi a un sentimento di solidarietà tra gli uomini e tra uomo e natura. Direi che l’immagine da abbandonare è quella in cui l’uomo è il re dell’universo, unico essere raziocinante in mezzo ad ogni sorta di schiavi. In realtà oggi l’uomo non è che una parte di un intreccio assai complesso di interazioni”.

BIBLIOGRAFIA

Le strutture dissipative: auto-organizzazione dei sistemi termodinamici in non-equilibrio (con Grégoire Nicolis), 1977

La nuova alleanza (con Isabelle Stengers),1979

Le leggi del caos, 1992

La fine delle certezze (con Isabelle Stengers), 1996

Il futuro è già determinato?, 2003

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