Henry David Thoreau

Poeta, saggista e naturalista, statunitense (1817-1862).

Tra i protagonisti del movimento trascendentalista fondato da  àEmerson, T. è una delle figure più originali e influenti nella storia iniziale del pensiero ecologico, fautore e cantore di un integrale ritorno alla natura come via maestra di libertà, d’incontro con il sacro, di realizzazione di sé.

T. si avvicinò e appassionò all’osservazione della natura studiando da autodidatta l’ambiente intorno al lago Walden, vicino al villaggio natale di Concord (Massachussets), dove visse per oltre due anni – dal luglio 1845 al settembre 1847 – quasi da eremita. Il racconto di questa esperienza – pubblicato nel 1854 con il titolo Walden, o la vita nei boschi  –  divenne nei decenni successivi uno dei principali manifesti del pensiero preservazionista (àPreservazionismo): in esso, T. accompagna alla descrizione minuziosa e sistematica della flora e della fauna, e delle loro trasformazioni stagionali, un ispirato elogio della vita solitaria in mezzo alla natura. Ma in Walden – come nei quattordici volumi del Journal, il diario che egli tenne dal 1837 fino alla morte, pubblicato postumo – si esprime con compiutezza anche la visione  di T., intreccio peculiare e non sempre lineare tra sensibilità romantica (àRomanticismo) ed olistica (àOlismo), individualismo libertario, critica della nascente società tecnologica (àTecnica) e rifiuto, anche, di quella nozione utilitarista e dunque antropocentrica (àAntropocentrismo) di salvaguardia dell’ambiente naturale nell’interesse pratico, economico, dell’uomo, che avrà un peso importante nel movimento conservazionista (àConservazionismo) statunitense. Squisitamente romantica è l’idea di T. che nella natura si realizzi la perfetta unità tra materia e spirito, e che solo attraverso un rapporto diretto e personale con il mondo naturale l’uomo possa sperimentare su di sé questa stessa unità: per lui, l’ideale di una ritrovata comunità con la natura è prima di tutto un principio etico, un principio conosciuto e praticato nella cultura greca, nelle filosofie orientali, nell’esperienza millenaria degli Indiani d’America, e invece dimenticato, ignorato dall’uomo occidentale; la sua partecipazione alla natura è però anche carnale, materiale, costituita come egli stesso scrive da “un istinto verso una vita più alta o spirituale e un altro verso una vita selvaggia e primitiva”. Questa duplicità rende evidente le differenze tra il pensiero di T., percorso da una religiosità che vede il divino immanentisticamente incarnato nella natura, e il trascendentalismo di Emerson, per il quale l’uomo è il centro e l’apice spirituale della realtà del cosmo, e deve coltivare l’esperienza della natura come mezzo per elevarsi spiritualmente e non come fine.   

La visione della natura come comunità olistica, che nel romanticismo si traduce in un’istanza d’impronta organicista (àOrganicismo),  nel pensiero di T. si trova limitata, e in parte contraddetta, da un accentuato individualismo: egli guarda alla natura più con gli occhi di àDarwin che con quelli di Gilbert àWhite, la legge come luogo di individualità esplosive, di competizioni e di cambiamenti, più che di una statica e idilliaca armonia, e afferma che l’uomo tanto più può raggiungere la verità, e la piena libertà, quanto meno è gravato da condizionamenti sociali, da obblighi e da divieti. Come la natura più vera ed autentica è quella selvatica, la “wilderness”, che vive e si sviluppa liberamente,  così l’uomo “vero” è quello che pensa ed agisce in totale autonomia, rispondendo soltanto alla propria coscienza: “Io non vorrei che nessuno adottasse il mio stile di vita – scrive in Walden – perché desidero che ci sia al mondo il maggior numero possibile di persone diverse; ma renderei ciascuno molto attento a scoprire e perseguire il suo modo”. Proprio l’individualismo è il punto di contatto tra i due grandi ideali di T.: un àNaturalismo d’impronta vitalistica (àVitalismo) come scelta etica ed esistenziale, la rivendicazione del diritto di ogni singolo cittadino a ribellarsi e a “disobbedire” a un governo che adotta comportamenti immorali. Immorale, per T., era la schiavitù, immorale l’espansionismo degli Stati Uniti che portò alla guerra con il Messico, e nel 1849 egli pubblicò un saggio – Resistance to civil government, divenuto famoso dopo la sua morte con il titolo Civil disobbedience – in cui sostiene che il senso morale di ogni individuo deve prevalere sulla costrizione delle leggi. Riscoperto da àTolstoj e poi da àGandhi all’inizio del Novecento, Civil disobbedience è da oltre un secolo uno dei testi di riferimento per i movimenti che teorizzano e praticano la àNonviolenza e la disobbedienza civile.

Infine, un terzo motivo centrale nella riflessione di T. è la convinzione che la forza crescente della tecnologia alieni sempre di più l’uomo dalla natura e dunque nuoccia alla sua crescita spirituale. Distinguendosi anche in questo caso da Emerson, egli diffida del progresso e censura la pretesa dell’uomo, soprattutto dell’uomo occidentale, di dominare la natura: “Grazie a Dio – annota nel suo “diario” – l’uomo non può ancora volare e devastare il cielo come fa con la terra!”. Per T., l’avvento della società tecnologica rende sia gli uomini che la natura meno “liberi”: la sua diffidenza verso il progresso nasce da un’attitudine libertaria, persino anarchica, che ne segna gran parte della riflessione facendone, in particolare, un diretto precursore dei movimenti controculturali (àControcultura) nonché delle correnti primitiviste (àPrimitivismo) del pensiero ecologico contemporaneo.

BIBLIOGRAFIA

  • Disobbedienza civile, 1849
  • Walden, o la vita nei boschi, 1854
  • Journal, 1906 (postumo)

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