Frederic Clements

Botanico ed ecologo, statunitense (1874-1945).

Professore di botanica in varie università degli Stati Uniti, C. è considerato uno dei padri dell’ecologia vegetale. Egli dedicò la sua riflessione teorica ai problemi della dinamica dell’avvicendamento ecologico nelle comunità delle piante e del carattere organismico delle formazioni botaniche, descrivendo il processo attraverso il quale in ogni habitat la vegetazione si trasforma, per effetto di variabili interconnesse riconducibili sostanzialmente ai processi di “invasione” e di “reazione”, da uno stato primitivo e squilibrato in una formazione complessa, la comunità cosiddetta “climax”, che ad un certo stadio evolutivo viene a trovarsi in un equilibrio relativamente permanente con le condizioni circostanti ed è così in grado di conservarsi. Per C., la comunità vegetale (per esempio la prateria nordamericana, l’habitat che studiò più approfonditamente) è assimilabile ad un organismo e la sua evoluzione assomiglia per molti versi al cammino di affermazione della singola pianta o dell’organismo animale: fattori fisici come il clima o (nella riformulazione della propria teoria presentata da C. nell’opera del 1916 intitolata Plant Succession) anche fattori biotici come l’invasione da parte di animali, selezionano “l’organismo complesso”, un nuovo tipo organico  con caratteristiche e proprietà originali, destinato a sopravvivere nella lotta per l’esistenza. La visione olistica (–>Olismo) e organicistico-evoluzionista (–>Organicismo) di C. risente l’influenza della filosofia di Herbert –>Spencer, soprattutto ne mutua l’idea che gli organismi complessi si sviluppino per un processo misto di “differenziazione” e “integrazione” progressive, che cioè la competizione sia premessa indispensabile di una maggiore cooperazione e armonia; ma mentre l’interesse di Spencer era di evidenziare una sostanziale analogia di funzionamento tra natura organica e società umana, la comunità climax clementsiana non contempla la presenza dell’uomo, quanto meno non quella così ingombrante ed aggressiva dell’”uomo bianco” che invece era già pienamente impegnato nell’assalto alla “frontiera”: paradossalmente quella stessa irruzione dell’uomo occidentale nella prateria vergine che aveva suggerito a C. alcune delle caratteristiche fondamentali della sua ecologica dinamica – la penetrazione e l’insediamento di piante in un habitat procedono come l’avanzata umana nella prateria -, lo spingeva a considerare la variabile antropica come tendenzialmente nemica del climax. Tale visione dell’uomo contemporaneo come “intruso” nella natura e come nemico del climax fu anche uno dei tratti caratteristici del movimento preservazionista, che da –>Muir a –>Sears esprimeva un atteggiamento di forte diffidenza e di pessimismo per i danni ambientali portati dai processi di industrializzazione e urbanizzazione.     

Negli ultimi anni della sua vita, C. avviò una collaborazione con Victor –>Shelford, pioniere dell’ecologia animale: insieme scrissero Bio-Ecology (1939), sintesi nella quale le comunità delle piante e degli animali vengono ricomprese in una “comunità biotica” più vasta. Ciò nonostante, e in evidente controtendenza rispetto al paradigma darwiniano (–>Darwin), C. non abbandonò mai l’idea, sottoposta in seguito a critiche radicali da ecologi animali come –>Elton e in generale dalle teorie popolazioniste, che in ogni bioma (insieme di flora e fauna) è la pianta a determinare quali animali debbano esservi inclusi e mai viceversa, e al tempo stesso tenne sempre ben fermo il confine tra comunità vivente (il “super-organismo”) e fattori abiotici (il clima, il suolo), che nella sua visione influenzano la vita e l’evoluzione dei viventi ma restano condizioni esterne.   

BIBLIOGRAFIA

The development and structure of vegetation, 1904

Plant succession: an analysis of the development of vegetation, 1916

Bio-Ecology, 1939

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