André Gorz

Giornalista e filosofo, francese di origine austriaca (1923-2007). Pseudonimo di Gérard Horst.

Nato e cresciuto in Austria, G. si trasferì in Francia all’indomani della seconda guerra mondiale. Qui lavorò come giornalista prima a Paris-Presse, poi a L’Express e infine, sotto l’altro pseudonimo di Marcel Bousquet,  a Le Nouvel Observateur, di cui è stato cofondatore e al quale ha collaborato attivamente dal 1963 al 1983. E’ stato a lungo tra i principali animatori della redazione di Temps Modernes, la rivista esistenzialista fondata da –>Sartre.

Fino dagli anni Sessanta, G. è venuto svolgendo una critica radicale della tradizione industrialista e della stessa visione marxista (–>Marx, –>Marxismo) più canonica di cui sottolinea i vizi di economicismo: così, egli contesta l’attribuzione  al proletariato industriale della funzione storica di soggetto collettivo della liberazione dell’uomo, adottando una prospettiva che richiama tanto le tesi esistenzialiste quanto l’analisi marxista eterodossa di –>Adorno e della Scuola di Francoforte (–>Benjamin, –>Marcuse). Per G., l’odierna classe operaia non esprime più alcuna soggettività rivoluzionaria, soffocata nella sua autonomia dai processi di automazione e informatizzazione della produzione e dal dominio sempre più soffocante esercitato dalla –>Tecnica, e d’altra parte lo stesso capitale è sempre di meno soggetto e sempre di più struttura: dunque, la liberazione può venire soltanto da una forte espansione degli spazi di autonomia personale e collettiva. In Addio al proletariato,  libro del 1961, G. porta alle estreme conseguenze tale riflessione:  “Contrariamente a ciò che pensava Marx – egli scrive – è impossibile che l’individuo coincida totalmente con il suo essere sociale e che l’essere sociale integri tutte le dimensioni dell’esistenza individuale. Questa non è integralmente socializzabile. Comporta delle sfere per loro natura segrete, intime, immediate e non mediabili, che sfuggono ad ogni possibilità di essere messe in comune”. Parte da qui l’avvicinamento di G. al tema dei limiti (–>Limite/limiti) alla –>Crescita economica e alla necessità di costruire una sinistra post-industriale, antiproduttivista e antitecnocratica: così, egli fa propri i primi allarmi sull’imminente esaurimento delle risorse primarie, e collegandosi alle riflessioni di Ivan –>Illich e ai concetti alla base dell’–>Ecologia politica, denuncia il circolo vizioso tra peso crescente dei bisogni “eteronomi” e della pressione delle istituzioni – lo Stato, la scuola, la famiglia, l’impresa -, degrado ambientale, alienazione, contesta l’idea che la crescita quantitativa del reddito riduca le disuguaglianze sociali, teorizza l’utilità sociale di un progressivo aumento dei tempi di libertà dal lavoro, e in particolare di quella “sfera autonoma” nella quale gli individui producono in modo autogestito. Questa riflessione porta G. ad impegnarsi fortemente, all’inizio degli anni Settanta, nel movimento –>Antinucleare, e trova il suo sbocco teorico nei saggi Ecologia e politica del 1975 e Ecologie et liberté del 1977, nei quali G.  propone l’ecologia come strumento per la trasformazione sociale, in una logica che rifiuta tanto l’individualismo edonista e utilitarista quanto il collettivismo produttivista e materialista.

Nella fase più recente della sua ricerca, G. ha approfondito un altro tema di estrema attualità: il peso crescente nei processi di evoluzione del capitalismo delle risorse immateriali legate alla conoscenza: espressione di un bagaglio culturale elaborato dagli individui e dalle collettività al di fuori dei luoghi e dei tempi della produzione, la conoscenza è oggi la prima esternalità (–>Esternalità ambientale) di cui il capitalismo ambisce ad appropriarsi – dall’informatica alle biotecnologie – e il simbolo stesso del tentativo di ridurre ogni aspetto della realtà, della realtà naturale ma anche della realtà immateriale, a merce.       

Complesso e non sempre lineare nei suoi presupposti teorici, il contributo di G. rappresenta uno dei tentativi più ricchi ed influenti per ancorare l’ecologismo, come elaborazione culturale e come prassi politica, ad obiettivi di liberazione sociale, dunque per consolidarlo come pensiero “di sinistra”, ed è stato uno dei tramiti principali dell’incontro tra i fermenti libertari e antistituzionali affermatisi con i –>Nuovi movimenti sociali degli anni Sessanta, e la questione ecologica.  

BIBLIOGRAFIA

Addio al proletariato, 1961

Ecologia e politica, 1975

Ecologie et liberté, 1977

L’immateriale: conoscenza, valore e capitale, 2003

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