Dal 21 Luglio è attivo l’Osservatorio paesaggi costieri italiani – promosso da Legambiente – in collaborazione con ricercatori e docenti di alcune università italiane, il gruppo nazionale ricerca ambiente costiero, CRESME, ENEA e INGV. Si tratta di una piattaforma informativa che fornisce dati scientifici e aggiornamenti con l’obiettivo di dare risposte concrete per la tutela dei paesaggi costieri italiani, con particolare attenzione rivolta all’effetto dei cambiamenti climatici, al consumo di suolo e alle dinamiche sociali che influiscono sul buon vivere delle nostre spiagge.
Si partirà con un concorso sul tema dell’erosione costiera, alla luce dei rilevanti cambiamenti avvenuti nel corso degli ultimi dieci anni, tra migliorie apportate attraverso nuove infrastrutture, opere a difesa dei litorali, costruzioni edilizie e aree industriali in stato di degrado. Saranno gli stessi partecipanti al concorso a raccontare questi fenomeni, tra spiagge e aree urbane e storiche, attraverso una narrazione fotografica di massimo cinque foto da inviare entro il 31/12/2020 – legate tra loro da un tema scelto dall’autore – che dovranno evocare il fenomeno dell’erosione sui nostri litorali e raccontare le opere e le trasformazioni messe in atto in aiuto delle nostre coste. La partecipazione al concorso è gratuita e aperta a professionisti e dilettanti, di ogni età e nazionalità. Per maggiori dettagli sull’adesione e termini del concorso, consultare il bando. Per accedere direttamente all’Osservatorio collegarsi il sito www.paesaggicostieri.org.

Ma cosa significa erosione delle coste?
I dati pubblicati dal Ministero dell’Ambiente in collaborazione con ISPRA riguardo l’erosione delle coste italiane evidenziano un profondo dislivello tra Nord e Sud del paese ma anche molti punti in comune, con picchi fino al 60% nelle regioni di Sicilia e Calabria. Il tasso di erosione attuale rappresenta il 47% delle coste basse sabbiose presenti sui circa 8000 chilometri di litorale italiano. La comparazione con i dati raccolti negli ultimi 50 anni mostra come i litorali in erosione si siano triplicati, documentando un vero e proprio disastro ambientale e registrando la perdita di 40 milioni di metri quadrati di spiagge. Le principali cause di questi numeri sono da ricercare nella scomparsa delle dune costiere – circa il 90% – a fronte di 1300 chilometri di opere rigide in prossimità del mare, con la presenza di pennelli e barriere artificiali. Le numerose strutture rigide costruite lungo le coste sono presenti in circa 1300 chilometri di litorale marittimo, talvolta costituite da vere e proprie murature, come nel caso della zona costiera veneta di Pallestrina e in Puglia, nel tratto tra Margherita di Savoia e Manfredonia, territorio in gran parte facente parte della rete Natura 2000. Costruite in primo luogo per diminuire l’impatto del moto ondoso del mare, tali strutture di fatto impattano sul naturale trasporto dei sedimenti marini, rivelandosi tra le cause primarie del fenomeno di erosione costiera e insabbiamento dei porti, come risulta evidente dalla comparazione dei dati ex-ante ed ex-post rispetto alla costruzione sia di tali opere rigide sia della messa in atto di interventi di ripascimento. Come accennato, a complicare la già gravosa situazione si aggiunge il sistema portuale e le relative opere marittime che ospitano strutture commerciali ed industriali, in prossimità delle nostre spiagge. Banchine, pontili, moli e dighe per il trasporto di merci, attività cantieristiche e terminal per i traghetti. In Italia, ogni 14 chilometri di costa troviamo una struttura marittima connessa al sistema portuale. Studi scientifici sui numerosi interventi di ripascimento per la ricostruzione delle spiagge – in particolare effettuati negli ultimi vent’anni – hanno rilevato come questi, al contrario, accelerino un processo di dispersione riferito in particolare ai dragaggi delle sabbie relitte, al punto di compiere un effetto contrario rispetto all’intenzione iniziale. Questa falla mostra la centralità, pima ancora di ogni intervento riparatore, di ricostruire il naturale equilibrio del sistema costiero senza il quale ogni intervento successivo risulterebbe vano. Dunque, il problema non è l’esistenza di opere rigide in sé ma la mancata considerazione del loro impatto sulle aree limitrofe, delineando una vera e propria artificializzazione del litorale e alimentando il fenomeno dell’erosione costiera, a scapito dell’equilibrio del suo sistema naturale, con l’aumento esponenziale dei rischi corsi dagli ecosistemi e dalla biodiversità marittima.