Acqua, zone umide e vita sono inseparabili: come tutelare ecosistemi così fragili ed essenziali?

Alleate contro i cambiamenti climatici, scrigni di biodiversità, fonti di risorse fondamentali per la sopravvivenza dell’uomo. Sono le zone umide, ecosistemi tanto fragili quanto preziosi, eppure raramente al centro dell’attenzione politica globale e di quella degli esseri umani che pure ne traggono benefici insostituibili. In occasione della Giornata mondiale delle Zone Umide, Legambiente propone delle linee guida per la loro salvaguardia nel prossimo decennio 2020-2030 e, al contempo, mobilita i cittadini con azioni social e circa 40 eventi organizzati in tutta Italia fino al prossimo weekend. Il 2 febbraio 2021 coincide anche con il 50esimo anniversario della ratifica della Convenzione di Ramsar che, sottoscritta da 170 Paesi nel 1971, comprende una lista di 2.200 zone umide d’importanza strategica internazionale, di cui 65 in Italia.

Le zone umide: qualche dato per conoscerle meglio

Dalle torbiere ai sistemi dunali, dalle saline agli acquitrini, le zone umide costituiscono un rifugio per oltre 100 mila specie d’acqua dolce conosciute, ma sono anche i più efficaci serbatoi di carbonio del Pianeta – le sole torbiere, che coprono appena il 3% della superficie terrestre, assorbono il 30% del carbonio organico dei suoli. Hanno inoltre un ruolo cruciale nel contrasto agli effetti dei cambiamenti climatici: barriere naturali contro gli eventi estremi di origine marina, come le praterie di posidonia; capaci di immagazzinare le piogge in eccesso e mitigare gli impatti delle inondazioni, come le pianure alluvionali; o ancora, in grado di preservare endemismi e peculiarità dei paesaggi montani, come le sorgenti e i laghi d’alta quota. Dalle zone umide deriva anche il 70% di tutta l’acqua dolce utilizzata per l’irrigazione. Da qui lo slogan 2021 scelto dall’Onu per celebrare i 50 anni della Convenzione di Ramsar e la Giornata mondiale loro dedicata: “Acqua, zone umide e vita sono inseparabili”.

Eppure, i dati del SOER Freshwater 2020 ci dicono che in Europa soltanto il 40% dei corpi idrici superficiali presenta un buono stato ecologico e che le zone umide sono ampiamente degradate, in declino per estensione e qualità a causa di agricoltura intensiva, abbandono delle tradizionali attività agro-pastorali, alterazione degli equilibri idrici, inquinamento, invasione di specie aliene, urbanizzazione e sviluppo d’infrastrutture. Uno scenario che fa il paio con quello mondiale: nell’ultimo secolo, la Terra ha detto addio al 64% delle sue zone umide. Fallito, a livello globale, l’obiettivo dell’Agenda sullo Sviluppo Sostenibile che prevedeva la protezione e il restauro degli ecosistemi acquatici entro il 2020. Secondo le liste rosse dell’IUCN, oggi nel mondo un terzo delle specie legate agli ecosistemi acquatici risulta minacciato, mentre sono a rischio scomparsa oltre i tre quarti delle paludi e delle torbiere e quasi la metà dei laghi, dei fiumi e delle coste. In pericolo anche il mantenimento e il miglioramento dei servizi ecosistemici che intorno alle zone umide ruotano.

Legambiente: “Ecosistemi acquatici e zone umide cruciali per garantire l’equilibrio climatico

“Sebbene si continui a sottovalutare il valore della natura, la pandemia che ci ha colpiti dovrebbe stimolare una riflessione globale sull’urgenza di adottare un approccio ecosistemico per mitigare le conseguenze della perdita di biodiversità e della crisi climatica e i rischi derivanti da ecosistemi tanto fragili quanto essenziali per la qualità delle risorse e delle attività produttive a essi legati, dall’agricoltura alla pesca, alla zootecnia – osserva Antonio Nicoletti, responsabile Aree protette e Biodiversità di Legambiente – Al netto delle difficoltà, il 2020 segna un momento decisivo per misurare gli impegni dell’Ue, a partire dalla Strategia dell’Europa sulla Biodiversità per il 2030 che rende espliciti gli obiettivi del prossimo decennio e sottolinea l’importanza di mantenere ecosistemi sani e funzionali a garantire l’equilibrio climatico: ogni piano in tal senso deve includere un uso sostenibile e responsabile delle zone umide e degli ecosistemi acquatici”.

Azione politica e ricerca scientifica, dunque, ma non solo. “Punto focale, al centro del nostro impegno associativo anche per il decennio 2020-2030, – sottolinea Nicoletti – sarà la mobilitazione dei cittadini nella cura e nell’adozione diretta di aree umide poco note, considerate minori o non riconosciute con lo status di aree protette. Pensiamo, ad esempio, alle cosiddette ‘marrane’ a Roma, piccole pozze e corsi d’acqua che spesso incrociamo distrattamente, e guardiamo, d’altro canto, alle esperienze costruttive nate proprio nello stesso contesto urbano, come il Parco della Cellulosa: rafforzare la comprensione del ruolo di questi ambienti e promuoverne la gestione virtuosa è fondamentale, specie all’interno delle nostre città dove questi preziosissimi serbatoi di biodiversità e di carbonio possono fare la differenza”.

Le azioni chiave per la tutela delle zone umide nel 2020-2030

In coerenza con la Strategia dell’Ue sulla Biodiversità per il 2030, Legambiente individua alcuni obiettivi chiave nella sua azione a favore degli ecosistemi acquatici: realizzare nuove aree protette, fare crescere le piccole zone umide adottate dai cittadini anche negli ambienti urbani e aumentare il numero di quelle riconosciute dalla Convenzione di Ramsar per raggiungere l’obiettivo del 30% di territorio nazionale protetto; rafforzare la tutela della biodiversità acquatica e migliorare la sinergia tra norme nazionali e Direttive comunitarie (Habitat, Uccelli, Acque e Alluvioni); migliorare l’integrazione e la gestione unitaria delle aree protette, i siti della Rete natura 2000 e le Zone Umide riconosciute dalla Convenzione di Ramsar e realizzare una rete di enti gestori di questi ecosistemi; ripristinare gli ecosistemi degradati e realizzare infrastrutture fluviali sostenibili per contribuire a ripristinare almeno 25 mila km di fiumi a scorrimento libero in Europa.

Un’azione social e 40 eventi in favore delle zone umide: come aderire alle iniziative di Legambiente

Da dieci anni l’associazione ambientalista aderisce alla Giornata mondiale delle Zone Umide: ogni febbraio il cigno verde organizza attività di citizen science, propone di creare piccole zone umide nelle aree urbane e adotta quelle non adeguatamente tutelate, rendendole fruibili anche ai turisti. Anche quest’anno, pur dovendo far fronte alle restrizioni imposte dalla pandemia, l’impegno non viene meno e coinvolge anche la campagna ChangeClimateChange40 gli appuntamenti in programma, tra escursioni, conferenze e azioni online e offline, con la maggior parte delle iniziative in presenza organizzate fuori dai centri urbani e il coinvolgimento di pochi soci o gruppi da cinque persone, nel rispetto del distanziamento sociale. Chiamati a raccolta circoli, volontari e cittadini cui viene proposto di celebrare la ricorrenza anche con un atto simbolico: un selfie nei pressi di una zona umida con uno dei cartelli creati per l’occasione da Legambiente, da pubblicare il 2 febbraio sui social, rilanciando contestualmente un messaggio legato al proprio territorio. Un modo per moltiplicare le voci a sostegno di questi ambienti che necessitano di maggiore cura e attenzione. Per aderire all’iniziativa basterà includere nel post gli hashtag #ZoneUmide #ChangeClimateChange e #RestoreWetlands, taggando Legambiente su Instagram, Facebook o Twitter.

L‘elenco completo delle iniziative è consultabile sul sito Legambiente Natura

I cartelli da utilizzare per aderire all’azione social organizzata da Legambiente nella Giornata mondiale delle Zone Umide 2021

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