Lavori green: prime stime per un futuro sostenibile

ECCO Economie Circolari di COmunità per la rigenerazione ambientale, sociale e culturale è un progetto di Legambiente, finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, volto a comprendere come le professioni green legate all’economia circolare possano svilupparsi nel prossimo futuro. I posti di lavoro destinati alle professioni legate all’economia circolare stimati da Unioncamere-Anpal a febbraio 2020, nell’Italia pre-Covid, sono oltre 1 milione e 600 mila. Un dato che dimostra una grande mobilità in ingresso, che si ritrova oggi a fare i conti con gli effetti dell’emergenza Covid-19.

L’indagine condotta da Legambiente e Green Factor nell’ambito del progetto ECCO prende in considerazione 55 gruppi professionali. Le competenze verdi si confermano abilità con un altissimo potenziale occupazionale, e non solo per ‘addetti ai lavori’: tra le professioni chiamate ad affinare le abilità green, cuochi, gestori di bed and breakfast e agriturismi, addetti all’assistenza e alla sorveglianza di adulti e bambini, ma anche falegnami, fabbri, estetisti e webmaster. Tutte figure che mostrano un elevato Indice Green, percentuale che misura il potenziale di risparmio energetico e sostenibilità ambientale della singola professione.

Nel 2019, il 78,8% delle imprese italiane ha richiesto competenze green, non solo a chi possiede un titolo universitario (83,1%), ma anche a neodiplomati (78,1%) e a chi si affaccia al mondo del lavoro subito dopo le scuole dell’obbligo (79,8%). Dati, questi, che dovranno scontrarsi con le 422mila unità lavorative in meno previste da UnionCamere per effetto del Covid-19, che includono 190mila unità di lavoratori indipendenti e 232mila dipendenti privati.

L’analisi si è conclusa con una rilevazione su un gruppo selezionato di esperti scelti fra operatori di economia sociale e circolare, per iniziare a stimare l’impatto socio-economico della crisi sanitaria determinata dal Covid-19. Nonostante sia stata svolta proprio nel periodo di lockdown, quindi con le evidenti limitazioni nello svolgimento di molte professioni e con la stragrande maggioranza delle piccole e microimprese ferme, è emerso come la crisi sanitaria sia percepita come un problema per il 42% dei casi, ma rappresenti, allo stesso tempo, l’occasione per costruire un nuovo paradigma occupazionale più sostenibile nel 61% dei casi. Solo il 9% ritiene l’epidemia ininfluente e pensa che le cose torneranno come erano prima.

L’indagine mostra inoltre che i rischi maggiori per gli intervistati derivano da fattori pre-Covid. La crisi sanitaria, per quanto abbia un peso di 45,8 su 100, è ben distante dai vincoli imposti dalla burocrazia (che ha un peso di 74,2) e dalla scarsa attenzione che le istituzioni riporrebbero in essa in ambito locale (68,3).

La riparazione e il recupero di beni sono percepiti come i settori e i temi che avranno maggiore possibilità di sviluppo nel prossimo futuro.  Anche il settore del riuso ha una sua fondamentale importanza, se si considera l’aumento sia di franchising che di piccole attività che puntano sul mercato della ‘seconda mano’. Secondo l’Osservatorio Second Hand Economy, il valore generato dalla compravendita dell’usato in Italia è pari a 23 miliardi di euro.

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