Giornata Internazionale della Montagna, è allarme per i ghiacciai italiani

Nella Giornata Internazionale della Montagna, l’11 dicembre, voluta dalle Nazioni Unite per ragionare sullo sviluppo sostenibile nelle regioni montane, sono particolarmente interessanti e purtroppo allarmanti i dati del report sui ghiacciai alpini presentati in occasione di questa ricorrenza da Legambiente in collaborazione con il Comitato Glaciologico Italiano.

A causa del riscaldamento globale, si legge nel rapporto, i ghiacciai alpini stanno subendo imponenti contrazioni, si prevede che a fine secolo le superfici glaciali si ridurranno ad un quarto di quelle esistenti. Da fine ottocento ad oggi, più di 200 ghiacciai alpini sono scomparsi lasciando il posto a detriti e rocce. Gli effetti del cambiamento si toccano con mano, il confronto tra la realtà odierna e le vecchie fotografie dei ghiacciai non lascia dubbi sulla fase di riduzione che stanno attraversando. Ora il bosco colonizza suoli un tempo perennemente gelati, la pietra nuda affiora dove qualche decennio fa arrivava il ghiacciaio. Il rapido ritirarsi delle fronti glaciali non comporta solo perdita di paesaggi affascinanti, equivale alla scomparsa di importanti riserve di acqua dolce. Sempre in conseguenza del riscaldamento climatico, il permafrost (il terreno perennemente ghiacciato) si degrada sempre più, causando instabilità sui versanti, con pesanti rischi per le infrastrutture di alta quota.

In sintesi, sempre scorrendo il rapporto – un percorso molto interessante che parte dalla storia dei ghiacciai per raccontare nel dettaglio con mappe e grafici lo stato di salute dei 12 ghiacciai alpini – negli ultimi 150 anni si è verificata una riduzione areale dei ghiacciai del 60% nelle Alpi, con punte dell’82% nelle Alpi Giulie e 97% nelle Marittime. Questa è la situazione. E non solo. I “giganti bianchi” si dimostrano anche sensibili testimoni della qualità dell’aria: preoccupa a tal riguardo la presenza ad alta quota del fenomeno del black carbon, costituito da polveri derivanti dall’inquinamento atmosferico di origine antropica proveniente da incendi e da inquinanti che arrivano dalla pianura. Questa componente fa sì che il ghiacciaio fonda più rapidamente. La presenza di black carbon, di tracce di microplastiche e di vari inquinanti, come su tutti i ghiacciai del pianeta, è un altro lampante segnale dell’invadenza dell’impatto antropico sulla terra.

Tornando al report, nelle Alpi Orientali preoccupa la situazione del ghiacciaio della Marmolada che in base agli ultimi dati raccolti dai ricercatori potrebbe scomparire nell’arco di 15-20 anni. Nel settore delle Alpi centrali, monitorato con il contributo del Servizio Glaciologico Lombardo, procede incessante da numerosi anni, soprattutto sui ghiacciai lombardi, la contrazione delle fronti, particolarmente mar­cata nel 2018. La contrazione dei ghiacciai lombardi è sottolineata da numerosi apparati che sono scarsamente alimentati o addirittura qua­si completamente privi di neve residua alla fine della stagione estiva. Tra i gruppi montuosi più esposti vi sono il Gruppo Ortles – Cevedale, il Gruppo Badile – Disgrazia e il Gruppo Bernina e anche il Gruppo Adamello. Nell’ultima campagna del Comitato Glaciologico Italiano, quella del 2019, il Gruppo Disgrazia regi­stra i ritiri più consistenti, con il ghiacciaio omonimo che ha perso 35 m alla fronte e il Ghiacciaio della Ventina che è arretrato di 40 m; nel Gruppo Bernina, il Ghiacciaio di Scer­scen superiore ha perso 86 m rispetto al 2017. Nelle Alpi occidentali sulla base dei censimenti più recenti, sono presenti circa 300 ghiacciai, che occupano una superficie complessiva di 160 km2. I dati raccolti dal CGI mostrano che le caratteristiche glaciologiche di questo settore sono tuttavia estremamente variabili, ri­sentendo delle marcate differenze altimetriche, latitudinali e climatiche dei massicci montuosi che lo compongono. In anni recenti, i ritiri frontali sono sovente valori a due cifre, ma in alcuni casi possono raggiungere le centinaia di metri (-335 m al Ghiacciaio del Gran Paradiso nel 2019). L’arretramento delle fronti, tuttavia, rappresenta solo in parte la drammatica perdita di massa gla­ciale documentata dai bilanci di massa effettuati su alcuni ghiacciai selezionati del settore: il Ghiacciaio del Grand Etrèt (Gran Paradiso) ha perso negli ultimi 20 anni quasi 20 m di spessore.

I dati raccolti in questo studio evidenziano in maniera concreta e tangibile gli effetti che il riscaldamento climatico sta già avendo sul nostro Paese e sui ghiacciai alpini. Ed è evidente che bisogna agire in fretta se non vogliamo che il global warming produca effetti devastanti e irreversibili sui territori alpini. Occorre mettere in campo misure e politiche ambiziose sul clima con lo scopo di arrivare a emissioni nette pari a zero al 2040, in coerenza con l’Accordo di Parigi, ed è urgente definire approfonditi piani di gestione ed adattamento, risultato di politiche e di investimenti che sappiano valorizzare il grande lavoro di studio che si sta producendo sulla montagna al fine di tradurlo in strategie concrete volte ad aumentare la resilienza delle popolazioni e del territorio. Questo è l’appello che Legambiente ha rilanciato al Governo nel presentare questo rapporto, da leggere e condividere come piccolo contributo alla lotta contro i cambiamenti climatici, un’emergenza che riguarda tutti noi. Potete scaricare la versione integrale >>QUI

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