Sedicesimo giorno

“Si sono dimenticati del Terzo settore”, ha denunciato ieri Stefano Zamagni nell’editoriale che apre il numero di aprile del mensile “Vita” (scaricabile gratuitamente on line). E la notizia è scivolata via, come una delle tante rivendicazioni di chi, in questa drammatica crisi causata dal Covid19, si sente escluso dai provvedimenti adottati dal governo. Ma basta scorrere la memoria presentata dal Forum del Terzo settore alla Commissione Bilancio del Senato, dov’è iniziato l’iter di conversione in legge del decreto “Cura Italia”, per scoprire che la “dimenticanza” riguarda, in realtà, tutte quelle persone rese ancora più fragili dal coronavirus. Intere fasce sociali per le quali l’universo del Terzo settore è, nella normalità, l’unica ancora di salvezza.

“Le organizzazioni, i volontari e gli operatori – ricorda il documento consegnato in Commissione – stanno affrontando con coraggio e responsabilità questo momento difficile, dando un sostegno fondamentale ai cittadini più fragili e più in difficoltà. Tanti volontari e tanti operatori stanno continuando a fornire servizi ad anziani soli, persone malate o con disabilità, a minori, persone con dipendenze, a senza fissa dimora e migranti, attivandosi anche con forme di sostegno a distanza”. Un impegno portato avanti nel Paese da 6 milioni di volontari e oltre 800 mila occupati, che genera un valore economico pari al 4% del Pil. “Molti enti del Terzo settore sono state messi in ginocchio da questa crisi sanitaria e sociale – prosegue la memoria -. Circoli e associazioni chiusi, attività rallentate, operatori e lavoratori che non possono proseguire con iniziative nelle quali erano impegnati”. E a pagarne le conseguenze sono anche le persone più fragili della nostra società, che restano ancora più sole.

Non c’è nessuna polemica da parte del Forum, anzi: “Le misure contenute nel DL 18/2020 prevedono numerosi interventi, alcuni dei quali anche a sostegno delle organizzazioni di Terzo settore e vanno nella direzione giusta”. Le proposte di emendamento al decreto “Cura Italia”, puntuali e ciascuna con la sua specifica motivazione, vengono avanzate perché “riteniamo che possano meglio consentirci di aiutare i nostri concittadini”. 

Fa una certa impressione leggere questo documento, concreto, frutto di un lavoro portato avanti in tempi rapidi da persone competenti e, contemporaneamente, il resoconto dei primi interventi dei senatori della Commissione bilancio, che hanno appena ascoltato in videoconferenza il ministro dell’Economia Gualtieri raccomandare, nell’esame del decreto, un atteggiamento “concreto e pragmatico”. Come il senatore Alberto Bagnai, autorevole esponente della Lega, presidente della Commissione Finanze. Che prima, con un afflato quasi “no global”, richiama l’urgenza di affrontare il “problema culturale” rappresentato dalla “consolidata subalternità intellettuale all’ideologia neoliberista”. E poi, nel denunciare i limiti del decreto, lamenta la dimenticanza di “alcuni settori particolarmente danneggiati, a partire dalla filiera florovivaistica fino al comparto no food e alle lavanderie industriali”. Tutti meritevoli di tutela, per carità. Ma, non volendo, l’autorevole senatore Bagnai ci ha regalato con poche battute la spiegazione, questa sì profondamente culturale, dell’abisso che separa oggi buona parte della classe politica, purtroppo, dai problemi reali del nostro Paese. #quellocolbongo

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