Dodicesimo giorno

Dobbiamo resistere, restando a casa, ora che il cuore economico del Paese viene fatto rallentare, fino quasi a fermarlo. E avere fiducia, senza mai rinunciare a far sentire comunque la nostra voce, perché tra mille contraddizioni, com’è inevitabile che sia di fronte a una situazione drammatica, con scenari di guerra a cui il nostro Paese non è più abituato, si stanno prendendo quasi tutte le decisioni giuste. Alcune tardive, forse. Altre meno incisive di come sarebbe necessario. Ma chi ha le responsabilità di guidarci verso la fine di questo incubo, salvando quante più vite umane possibile, sta dimostrando di essere in grado di assumersi le responsabilità che gli competono, come ha fatto ieri sera alle 23.30 il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Lo scrivo in maniera convinta perché fino a 5 minuti prima ero pronto a sfogare, in questo mio Diario dall’isolamento, tutta la rabbia di chi non tollerava più l’ipocrisia degli appelli a non uscire di casa quando non è necessario e l’obbligo di farlo per chi era costretto ad andare comunque al lavoro, in aziende e uffici le cui attività potevano essere sospese.

Lo avevo anche gridato l’altro ieri a mezzogiorno, in uno dei quotidiani flash mob dai balconi e dalle finestre di Largo Minganti, a Roma: non è giusto far rischiare la vita a chi può restare a casa, perché non è chiamato a garantire funzioni e attività essenziali per la sopravvivenza del nostro Paese.  Bene, è accaduto. E sbagliavo io a credere di essere governato da chi non aveva il coraggio di farlo. Forse c’era solo bisogno di più tempo, rispetto a quanto non dettano le angosce che viviamo ogni giorno, per concordare con i sindacati e le associazioni di categoria come rallentarlo il cuore economico dell’Italia. Che cosa fermare e fino a quando. O forse c’era solo la speranza, anche la nostra, che a rallentare fossero i numeri del contagio e delle vittime.

Verrà il tempo in cui potremo ragionare, in maniera approfondita, su quanto è accaduto al nostro paese a causa del Covid19 e della sua diffusione, delle ragioni vere e delle responsabilità che ci sono dietro le scene terribili di ogni giorno, a Bergamo, Brescia, Cremona…Dei troppi lutti di persone anziane, è vero, vecchie, ma che avevano come noi il diritto di vivere ancora, se la salute glielo permetteva, e di morire con i propri cari accanto.

Quando questa emergenza sarà finita, grazie a noi, ai nostri sacrifici, alle nostre rinunce, a chi sta mettendo a rischio la propria vita per curarci, farci fare la spesa, vivere in città non invase dai rifiuti, a chi per rispettare il proprio giuramento l’ha persa, dovremo chiedere conto, in maniera pacifica ma determinata, delle inefficienze, le responsabilità, le colpe di chi ha deciso di tagliare selvaggiamente la spesa pubblica, a cominciare dalla sanità e dal welfare. Di chi ha ripetuto finora, ossessivamente, un unico mantra: produrre e consumare, produrre e consumare in nome del “libero mercato”, non importa cosa e come. E ora un virus partorito dalle follie di questo sistema economico, difeso sempre e comunque, salvando le banche e tagliando le pensioni, ci sta privando delle libertà più elementari, come quella di uscire dalle nostre case, persino di abbracciarci…

Ripartiremo, come l’umanità finora ha sempre fatto anche davanti a sciagure più immani di quella che stiamo vivendo. Ma davvero nulla potrà essere più come prima. Nella nostra vita, perché abbiamo imparato quanto vale davvero. E in quella di chi ci governa, a tutti i livelli, perché dovrà avere davanti cittadini diversi, che pretendono la difesa dei loro diritti fondamentali, sanciti dalla Costituzione che ci ha riconsegnato la libertà dopo gli orrori del fascismo e del nazismo. Non saremo pochi, questo è sicuro. E soprattutto saremo ancora più convinti di voler cambiare la società, l’economia, la politica, i nostri stili di vita. Perché vogliamo abitare la Terra in una maniera desiderabile per tutti, da persone responsabili e solidali, come stiamo facendo ora. Ma questo verrà dopo. Adesso è il nostro tempo del coraggio: quello di cui abbiamo bisogno per resistere insieme, restando a casa e senza lasciare nessuno indietro. #quellocolbongo

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