Quali correlazioni fra la pandemia in atto e la perdita di biodiversità? La circolarità dei fenomeni naturali e il loro intreccio con l’azione dell’uomo è il tema della storia di copertina. Sul mensile anche un’inchiesta sulle pressioni di lobby e governi per allentare le maglie dei controlli e far entrare in Europa alimenti con residui di sostanze chimiche vietate
Qui di seguito, riproponiamo la presentazione del nuovo numero trasmessa su Nuova Ecologia Tv Live in diretta streaming: introdotti dal direttore Francesco Loiacono, sono intervenuti Stefano Ciafani, presidente di Legambiente; Domenico D’Alelio, ecologo e divulgatore scientifico; Sergio Ferraris, direttore di “QualEnergia”

Soltanto l’ultima in ordine di tempo di una serie di catastrofi che rischiano di travolgere la Terra. Un’epidemia dalle dimensioni epocali che ci riguarda tutti, nessuno escluso. “Natura malata, pianeta infetto” è il titolo della storia di copertina che “La Nuova Ecologia” dedica all’emergenza globale in atto: un titolo che richiama alla circolarità dei fenomeni naturali e al loro intreccio con l’azione umana. Oggi più che mai. Perché se di pestilenze e contagi è piena la storia umana, ricorda il mensile di Legambiente, è anche vero che siamo nel mezzo di una nuova transizione epidemiologica in cui dinamiche demografiche, globalizzazione, inurbamento e degrado ambientale, deficit di politiche e misure igienico-sanitarie su scala globale hanno portato all’emergere, o al riemergere, di malattie infettive. La maggior parte delle quali, oggi, proviene dagli animali. Il fattore che più di altri contribuisce a diffonderle? La perdita di biodiversità, legata alla deforestazione e alla frammentazione o degradazione degli habitat, come spiega in un’intervista concessa a “Nuova Ecologia” anche Ilaria Capua, virologa diventata celebre per aver reso di dominio pubblico la sequenza genetica dell’aviaria. Un punto di vista prezioso, attraverso cui leggere l’emergenza come “opportunità” per provare a raggiungere la radice del problema, riequilibrando il rapporto fra attività umana e ambiente.
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Quel che finisce sugli scaffali dei nostri supermercati è invece oggetto dell’inchiesta “Importazioni al veleno”, che cerca di far luce sulle pressioni di lobby e governi finalizzate ad allentare le maglie dei controlli dell’Unione Europea sul cibo importato nel Vecchio Continente, spesso contenente residui di sostanze chimiche espressamente vietate da regolamenti e criteri europei. Fra queste rientrano un quarto delle sostanze utilizzate negli Stati Uniti e 149 principi dei 504 leciti in Brasile, che potrebbero portare a rischi sanitari e impatti ecologici.
Sulla rivista trova spazio anche un’intervista con il poeta e scrittore Franco Arminio,oggi consigliere del ministero per il Sud e la coesione sociale. Un lungo colloquio in cui il “paesologo” irpino pone l’accento sullo spopolamento delle aree interne dell’Appennino: “Un processo molto lento, un virus silenzioso che uccide comunque”, osserva. Le aree di montagna, insiste Arminio, non sono un problema ma una salvezza. Essere ambientalisti è l’unica strada percorribile.